L’IA, come ChatGpt, funziona davvero nel marketing?
C’è un grande hype negli ultimi mesi sull’intelligenza artificiale (IA) utilizzata per creare contenuti, in particolare dopo che ChatGpt, un progetto di OpenAI, è stata messa online. Molti sono i marketer che ne parlano, chi la sta già utilizzando per velocizzare le ricerche online prima della scrittura di un testo o addirittura per la redazione dei testi più semplici; altri paventano invece la fine del mestiere di copywriter. L’IA non è solo utilizzata per la scrittura testi, bensì anche per la creazione di grafiche (addirittura sono state create delle opere d’arte sullo stile di famosi pittori).
Cosa accadrà dunque in un prossimo futuro? Dobbiamo davvero temere che l’IA si sostituisca al mestiere di content creator?
“Allo stato attuale delle cose, io ritengo di no, per alcuni motivi – asserisce Elena Sabattini, founder di B Side, laboratorio di neuromarketing, e AD di Tecnostudi, agenzia di comunicazione – I testi prodotti da ChatGpt hanno uno stile molto semplice, diremmo quasi scolastico. A domande simili risponde in modo analogo, quindi si presuppone che due articoli prodotti dall’IA che parlano del medesimo argomento saranno quasi sovrapponibili tra di loro. È indubbio che lo sviluppo di queste tecnologie è ancora in atto e molti sono i prompt che ne sfruttano i miglioramenti per proporre servizi sempre più evoluti. È fondamentale un aggiornamento continuo su queste tematiche e un monitoraggio delle sue evoluzioni.
“Inoltre – continua Sabattini – il testo, ammesso che possa essere ben scritto, è davvero efficace da un punto di vista pubblicitario? In pratica, riesce a vendere?”
Misurare l’efficacia del messaggio
Sono tante le comunicazioni d’azienda belle da vedere ma poco performanti nel coinvolgere il destinatario finale o nel veicolare informazioni chiave come nome del brand o del prodotto.
Il Neuromarketing può verificare l’efficacia di contenuti iconici e testuali all’interno di spot, pagine adv o siti internet attraverso un’indagine fatta su un campione reale di persone selezionate con una profilazione accurata e specifica per quel progetto. Attraverso specifici strumenti si ottengono evidenze misurabili che permettono di testare la reazione spontanea e non conscia dei consumatori di fronte ad un’immagine, logo, prodotto, etc.
L’intelligenza artificiale utile nella raccolta dei dati
L’IA, infatti, è molto utile al neuromarketing laddove utilizzata per i software collegati alle strumentazioni biometriche nel permettere una più efficace raccolta ed elaborazione dati. Laddove invece si propone di prevedere il comportamento umano sulla base di database preesistenti il rischio è davvero imponente: l’attendibilità di un test di neuromarketing è data dall’impostazione di un corretto protocollo di ricerca e dall’applicazione ad un campione correttamente profilato, in modo che sia in linea col target principale dell’azienda e del prodotto testato. Sostituire una previsionalità data dal machine learning e basata su test svolti in passato rischia di appiattire su probabilità statistiche l’imprevedibilità del comportamento umano.
“In sostanza, intelligenza artificiale per la raccolta ed elaborazione dati sì, – continua Sabattini – ma intelligenza artificiale che si sostituisce totalmente all’essere umano per la produzione di contenuti o l’interpretazione del dato finale, a nostro avviso ancora no.