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Partita dalle retrovie, poi la gavetta, oggi Cristina Bombassei è responsabile della Corporate Development di Brembo. Una carriera senza sconti che l’ha portata ai vertici dell’azienda del padre Alberto grazie a determinazione, perseveranza e umiltà

Un tocco di “rosa” nell’impero Brembo, tra freni a disco, competizioni, Gran Premi e motori. Un percorso partito dal sogno di seguire la scia del padre, di assaporare e vivere la sua stessa passione per il lavoro e per la sua azienda. Cristina Bombassei, figlia del presidente Alberto Bombassei, ha iniziato la sua carriera nell’impresa di famiglia partendo dalle retrovie. Oggi, dopo 15 anni di gavetta, è responsabile della Corporate Development e preme sull’acceleratore per mantenere la pole position di Brembo nel mondo, spinta da determinazione, perseveranza e umiltà.

Cristina Bombassei, da oltre 15 anni all’interno di Brembo. Il suo è stato un percorso di crescita e affermazione senza alcuna concessione di favore. Quando e come è iniziato?
Lavorare nell’impresa di famiglia è sempre stato un sogno, fi n da quando ero una bambina. Di conseguenza la scelta di intraprendere questa strada è stata spontanea, anche se influenzata dalla grande passione che mio padre è stato capace di infondermi. Sono entrata in azienda dopo aver terminato gli studi all’Università di Bergamo. Fin da subito mio padre mi ha prospettato una carriera da conquistare, partendo da un semplice “terzo livello”. Il fatto di essere “fi glia di…” non mi ha facilitata ma sicuramente mi ha permesso di avere la straordinaria opportunità di seguire un percorso programmato che prevedeva il mio impegno successivo in diverse funzioni aziendali, per conoscere così il gruppo in un ogni suo aspetto. Oggi devo ringraziarlo per la possibilità che mi ha dato.

Qual è stata la sua prima esperienza targata Brembo?
Come prima esperienza ho lavorato un anno nella nostra società negli Stati Uniti, in California, avevo 23 anni. In quei 12 mesi sono maturata molto sia dal punto di vista professionale che personale. Ho conquistato un po’ di indipendenza, ho migliorato il mio inglese e ho iniziato a conoscere e apprezzare colleghi e collaboratori. Rientrata in Italia ho iniziato il mio percorso a tappe: ho lavorato due anni al Controllo di gestione per poi passare all’Amministrazione, al Marketing e alla Comunicazione. Nel 2003 sono approdata alla Direzione Legale Societaria per sviluppare il progetto di internal auditing, oggi diventata una direzione vera e propria e per la quale sono responsabile verso il nostro Consiglio di Amministrazione. Nel frattempo, nel 1997 sono entrata nel Consiglio di Amministrazione di Brembo. Dal 2005 mi occupo di Corporate Development, area che mi ha dato la possibilità di continuare ad occuparmi di internal auditing e di sviluppare in azienda alcune tematiche che mi stanno molto a cuore come il tema della social responsability.

Brembo signifi ca Ferrari, mondo dei motori e della competizione. Qual è il suo rapporto con questo settore?
Penso che la mia passione per i motori sia innata. Fin da quando ero ragazzina partecipavo ai Gran Premi e seguivo tutto quanto riguardasse le competizioni motoristiche. Con il passare degli anni quel mondo è diventato il mio lavoro: assistevo alle gare di Formula Uno non solo come tifosa ma perché mi occupavo delle sponsorizzazioni sportive e, per questo, ero in contatto con i team. Sentivo di giocare in casa perché quella che per anni era stata la mia grande passione era diventata la mia professione.

Il suo pilota preferito?
Naturalmente sono tifosa Ferrari e Michael Schumacher rimane il mio idolo. Del passato ho apprezzato moltissimo le doti professionali e umane di Ayrton Senna che rimane per me uno dei migliori piloti della storia, tra i giovani piloti di oggi invece non ho, per ora, un preferito anche se ritengo che ce ne siano diversi molto bravi e competitivi.

In questi anni la Brembo ha raggiunto traguardi importanti, ma quel è stata la sua più grande soddisfazione?
Mi gratifica molto il riconoscimento del nostro brand a livello internazionale. Inoltre mi sento orgogliosa se penso a tutto quello che ha fatto mio padre in questi anni. La nostra è un’azienda nata come piccola realtà familiare negli anni ‘60 e oggi è diventata una multinazionale da quasi 6000 dipendenti, 25 siti industriali e commerciali distribuiti in 12 Paesi di 3 Continenti, e nel 2008 supererà il miliardo di euro di fatturato.

Da allora sono trascorsi oltre 40 anni. Cosa ha permesso alla famiglia Bombassei di crescere e diventare una delle realtà più importanti a livello mondiale?
 Mio nonno Emilio e mio padre Alberto hanno iniziato insieme e sono cresciuti cercando continuamente l’innovazione e l’internazionalizzazione dell’azienda, con tanta passione e perseveranza. La grande forza è stata l’ambizione di non fermarsi al prodotto puro e semplice, ma di cercare sempre un’evoluzione che lo rendesse completo e diversificato.

La famiglia Bombassei non sta ancora vivendo la fase di passaggio generazionale perché suo padre continua ad essere presente come figura fondamentale nell’azienda. In prospettiva futura, come sta vivendo questa responsabilità la “figlia femmina”?
Sento questa responsabilità fin dal mio primo giorno di lavoro in azienda. Posso dire che il fatto di essere la figlia femmina mi ha aiutata per quel rapporto di complicità che da sempre ho con mio padre. In questo percorso ho avuto la fortuna di trovarmi a lavorare insieme a mio marito Matteo e comunque mio padre, pur essendo nella nostra famiglia azionista di maggioranza, ha avuto la capacità di circondarsi di validissime persone e di una prima linea manageriale capace e qualificata. Inoltre, anche pensando in prospettiva, l’azienda è quotata alla Borsa italiana dal 1995. Abbiamo inoltre un CDA molto valido con 11 membri, di cui 4 indipendenti con diverse professionalità e formazioni anche internazionali che supportano con molta professionalità le nostre decisioni strategiche.

Lungo il percorso di crescita all’interno dell’azienda suo padre continua ad essere per lei una figura di riferimento. Quali sono stati gli insegnamenti più importanti?
Ne cito alcuni, anche se è difficile riassumere: umiltà, perseveranza, attenzione ai particolari, visione, sostenibilità delle proprie decisioni. Etica, trasparenza e rispetto delle persone sono sempre stati alla base dei suoi insegnamenti.

Cosa si sente di aver portato della sua esperienza e personalità all’interno della realtà Brembo?
Sono una persona semplice e ho percorso una strada in salita per arrivare dove sono. Essendo cresciuta con molti dei miei attuali collaboratori, ho sviluppato rapporti positivi con tutti e penso di essere un esempio per alcuni di loro. Sono una persona propositiva, positiva e molto creativa. Mi piace vivere la quotidianità dell’azienda e come donna ho una sensibilità diversa.

Secondo lei, qual è il valore aggiunto che una donna può portare in una realtà aziendale?
Noi donne portiamo una forte sensibilità e capacità organizzativa che ereditiamo dalla capacità innata di organizzare la vita quotidiana a casa. Siamo molto più fl essibili e sensibili nell’intuire certe situazioni. All’interno del gruppo Brembo siamo 5 donne dirigenti su circa 80 dirigenti. In un settore maschile come quello in cui lavoro, portare una pennellata di rosa ogni tanto non può che far bene.

Come riesce a conciliare i diversi impegni lavorativi con la famiglia?
Lavoro e famiglia sono difficili da conciliare, soprattutto adesso che ho una bambina di un anno e mezzo e sono in attesa del secondo. Ricoprendo il ruolo di dirigente ho la possibilità di usufruire di una maggior flessibilità di orari, un’opportunità che purtroppo altre donne non hanno. Prima di avere dei figli ho aspettato di crescere professionalmente per poi arrivare a delegare parte del lavoro e avere la possibilità di muovermi con una maggiore serenità. La famiglia è naturalmente al primo posto e per non trascurare niente e nessuno ogni cosa è organizzata nel minimo dettaglio. Mi rendo conto che il contesto in cui viviamo non mette famiglia e donne al primo posto nel mondo del lavoro: ci vorrebbero più asili e maggior attenzione per il ruolo di molte mamme lavoratrici. Lo Stato italiano spesso latita a confronto di quello che fanno in Francia, in Spagna o nei Paesi del Nord Europa.

Quali sono le prospettive future e il futuro di Cristina Bombassei?
Prima di tutto viene la mia famiglia. Professionalmente invece spero di poter continuare il percorso in azienda perché ogni giorno c’è qualcosa di nuovo e questo per me è molto gratificante e stimolante. Le ricerche sulle aziende dicono che la terza generazione è quella che distrugge quanto fatto dalle generazioni passate. Anagraficamente appartengo alla terza generazione Bombassei ma voglio considerarmi della seconda perché mio nonno Emilio e mio padre hanno iniziato insieme. Desidero quindi continuare a costruire la Brembo del futuro con quella stessa passione e dedizione che da sempre caratterizza la mia famiglia.